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Secondo il "corruption perception index" dell'organizzazione internazionale no-profit Transparency International nel 2016 l'Italia si è classificata al 60° posto nel mondo. Il trend positivo, iniziato nel 2012 con l'entrata in vigore della c.d. Legge anticorruzione, pur attestando un recupero della fiducia dei cittadini, presenta ancora notevoli margini di miglioramento, soprattutto se consideriamo che siamo terzultimi in Europa con alle spalle le sole Grecia e Bulgaria. Al di là delle cifre presunte e della c.d. corruzione percepita, proiettandoci su dati reali e concreti, in Italia, nel 2015, ben il 52% delle grandi opere considerate infrastrutture strategiche sono finite sotto inchiesta e il costo medio dell'alta velocità ammonta a 61 milioni di euro a km, rispetto ai circa 10 milioni di euro a km in Francia, in Spagna e in Giappone. Secondo calcoli basati su dati emersi dalle inchieste giudiziarie, la corruzione, nel tempo, avrebbe fatto lievitare oltre il 40% il costo delle grandi opere. Eppure vantiamo le strutture investigative tra le più efficienti e apprezzate a livello mondiale e una legislazione penale in materia di repressione della criminalità economica tra le più avanzate. Cosa si può fare per invertire drasticamente la rotta? Le risposte sono contenute nel volume, che affronta in maniera organica le principali criticità del nostro Paese, l'etica del business, la corruzione e l'anticorruzione, con un'analisi completa di natura criminologica e normativa e con un particolare focus sul fenomeno delle corruzioni nel settore dei pubblici appalti. Cosa possono fare le aziende per cercare di trasformare dei meri adempimenti di compliance in un contributo concreto alla prevenzione dei fenomeni corruttivi? Il libro ripercorre non solo la c.d. softlaw o gli strumenti indiretti di prevenzione, ma affronta nello specifico sia le tecniche dell'indagine pubblica, sia degli strumenti di Audit.